venerdì 5 novembre 2010

Rimbalzi

Ricordo quel colore,
io ero un ragazzino,
ricordo quel calore,
di maggio, un bel mattino.

Ricordo che inseguivo,
rotonda la mia meta,
che calma rimbalzava,
un po' stella cometa.

Ricordo come allora
che in essa mi annullavo,
cieli, abissi, mari, monti
leggero valicavo.

Ricordo che quel mondo,
sudato sul campetto,
facevo rotolare
con semplice calcetto.

Chissà se l'universo,
la vita e pur l'amore
sia solo un bel trastullo
del Grande Calciatore.

Chissà se il mappamondo,
la notte, la mattina,
sia solo, da gioco,
che rimbalza, una pallina

03.09.2010

venerdì 25 giugno 2010

Vivo nella finzione, per davvero

Lui amava la finzione
Lei amava la verità

Lui fingeva di amarla
Lei disse: “...no, non ci sto, non farò come te, non ti seguirò sulla strada dei falsi significati...!” e non lo amò più
Lei voleva un amore vero.

Allora lui smise di fingere di amarla ed iniziò a fingere di non amarla.

Lei disse: “...no, ci sto, non farò come te, non ti seguirò sulla strada dei falsi significati...!” e lo amò di nuovo.
Lei voleva un non amore vero.

L'amor si alimenta, alla bisogna,
della vita, del vero e pur della menzogna

25.06.2010

Vincenzo Cordovana

giovedì 17 giugno 2010

Insindacabilmente Sindaco

Godereccio e gaglioffo, proprio come piace a me.
Non si batte per la legalità che lega e non pretende di moralizzare nessuno.
Preferisce una collaboratrice carina e disponibile che non pretenda di essere anche intelligente (il Signore non può dare tutto ad una persona) ad una meno carina che gli altri ipotizzano che essendo meno carina debba essere almeno intelligente (nella speranza che lo stesso Signore di cui sopra abbia avuto la benevolenza di concederle almeno una qualità).
Non dilapida le risorse pubbliche in progetti di pubblica utilità ben sapendo, da profondo conoscitore dell'animo umano qual è, che la collettività è la somma di individui che cercano di avvantaggiarsi a danno della collettività.
Lui non ci casca e preferisce presentarsi direttamente come garante dell'individualità, esemplarmente cominciando dalla sua.
Non promette nulla e quindi non è obbligato a mantenere nulla.
Lui non potrà mai tradire le nostre aspettative perchè noi da lui non dovremo attenderci nulla.
Lui non è un finto altruista, lui è sempre se stesso, è sempre sanamente e coerentemente egoista (lui sa bene che a volte l'egoismo, se sincero, ha delle ricadute positive anche negli altri e quindi può avere una retro lettura a carattere involontariamente altruistico).
Sei una simpatica canaglia.
Mio Sindaco, ti adoro,
ti voto per ossimoro

17.06.2010

mercoledì 16 giugno 2010

Evoluzione curvilineo rettilinea





Un articolo pubblicato su Sicilia Informazioni nel mese di febbraio 2010, che mi permetto di sottoporre ad una bonaria banalizzazione, citava uno studio scientifico che identificava nel “nucleo accumbens” del cervello un centro in cui risulterebbe “fissata” secondo un programma evolutivo l'attrazione verso le sinuosità del corpo femminile.
Le curve femminili sortirebbero sul sensibilissimo nucleo accumbens lo stesso effetto causato dalla assunzione di droghe.

Perdonatemi se la mia citazione è alquanto leggera ma non posso astenermi dal proporvi una riflessione musicale degli scienziati Claudio Bisio e Rocco Tanica
Il titolo è certamente evocativo:

"Sotto la quarta non può essere vero amore"

Simpatica vero?

E' chiaro che la canzoncina è soltanto una burla e non vuole assolutamente risultare discriminatoria nei confronti delle terze, delle seconde, delle prime e delle misure che potremmo chiamare spiritosamente “padane”, come la nota pianura.
Per quanto mi riguarda mi ritengo disponibile a trovare attraente ogni tipo di curvilineità, sia essa molto marcata o appena accennata.
Si, lo so che questo dato disorienterà la comunità scientifica e per dirimere la problematica sono disposto a sottopormi ad esame neuroradiologico che indaghi la struttura del mio nucleo accumbens.
E' proababile che al posto del succitato “nucleo accumbens” io, per scherzo della natura o forse per mutazione genetica, sia dotato del mutante “nucleo accomodans”


Milena le tue curve son cosa coinvolgente
e se tra lor mi arrampico, un pò incoscientemente
mi sento un po' un ardito giovane esploratore
che cerca l'avventura parlandoti d'amore

Oppur potrei sognare d'essere scalatore
che il ciel vuole raggiungere
col corpo e con il cuore,
che vive l'avventura cercandovi l'amore.

Ma anche quelle forme che dir, poco scoscese
possono, se percorse, celar delle sorprese.
Sara, il tuo nome mi evoca il deserto
enorme ed assolato, ormai ne sono certo.

E quando mi sento perso e rischio di bruciare
ecco improvvisa un'oasi, mi vado a riposare.
Dopo quella pianura, torrida ed infinita
giungo in quel luogo fresco, ritorna in me la vita



Sempre in tema di scienza dell'evoluzione non posso non considerare criticamente il “percorso evolutivo” che gli scienziati hanno identificato nel passaggio da “homo erectus ad homo sapiens”.
Mi perdonerete se mi permetto di dissentire da questa impostazione che ritengo erronea per quanto attiene all'evolutività del percorso che io ritengo, in realtà, a carattere francamente “involutivo”.
Auspico quindi che grazie alle stimolazioni a valenza progressiva ed evolutiva che provengono dalla presenza femminile, sia essa curvilinea o rettilinea, l'odierno “homo sapiens” possa velocemente completare il suo ciclo involutivo verso l'”homo viagratus” (in certe caverne del periodo metropolitano sono state trovate tracce di pillole blù che risultavano molto apprezzate dagli uomini del terzo millennio) per poi riprendere una fase a certo carattere evolutivo che lo possa portare a riappropriarsi della dimensione di “homo insapiens” per giungere, finalmente e con buona pace di tutti, al recupero dello stato originario di “homo erectus”.

Vincenzo Cordovana

16.06.2010

mercoledì 9 giugno 2010

Equilibrio instabile di un neokayaker

"Un noto cantautore parlava della ricerca di un "Centro di gravità permanente".
Impossibile.
La parola "permanente" non credo ci appartenga e certamente non appartiene a me.
Bisognerà accontentarsi della continua ricerca di equilibri instabili"




Cercando un nuovo equilibrio ho deciso di diventare kayaker.
Cosa vuole dire? Molto semplice, il kayaker è il praticante della navigazione in kayak.
Cos'è il kayak? Molto semplice, il kayak è quella imbarcazione dove gli esquimesi si vanno ad incassare, quasi fondendovisi e con la quale sono soliti svolgere tutte le loro attività, ovvero la pesca per mettere qualcosa sotto i denti.
Detto ciò vi è da dire che nell'immaginario dei non esquimesi (come me) il kayak è quella imbarcazione dall'equilibrio precario dove alcuni temerari vanno ad infilarsi sfidando la paura di rimanere in acqua a testa in giù.
Non bisogna sbagliare, bisogna restare sempre attenti a non perdere il proprio equilibrio.
Bello questo senso di precarietà, ci vedo qualcosa di buono, di vero.
E così che mi sono determinato ad apprendere i rudimenti del kayak, anzi a diventare io stesso un kayaker siculo-esquimese (un pò come il mitico Alberto Sordi nell'altrettanto mitico film “Un americano a Roma”).
Detto fatto, ho contattato un anch'esso mitico istruttore presso la Lega Navale di Palermo e mi sono sottoposto ad un apprendistato preliminare.
Portato a termine il corso, imponendomi tutta la prudenza del caso, ho iniziato ad abbozzare delle timide uscite in mare autogestite.

Anche oggi sono arrivato alla Lega Navale circa alle 15 per una possibile uscitina in mare. Prima di posteggiare mi ero già fermato al chioschetto dove ho preso una Coca Cola ed una bottiglietta d'acqua da portare a mare.
Alla Lega non c'era nessun kayaker già uscito in mare o prossimo ad uscire, cerco sempre di non uscire da solo, di garantirmi un qualche possibile, opportuno supporto.
Si stavano preparando per uscire i ragazzi che praticano lo sport della canoa olimpica che si allenano ogni giorno (lo scorso anno sono arrivati terzi in Italia tra più di cento società).
Stava per uscire anche l'imbarcazione della scuola vela gestita da un kayaker velista, un vero uomo di mare insomma, uno dei miei nuovi amici con il quale ci scambiamo le pagaie ed anche affetto e disponibilità.
Non c'era molto vento ma il mare sembrava non del tutto calmo.
Che fare? Uscire per la prima volta da solo correndo qualche rischio dovuto alla mia inesperienza o rinunciare?
Uscito dal water sociale nel quale mi ero rifugiato a causa di una subentrante emozione con somatizzazione gastrica avevo deciso di andare a mare, da solo.
Rallentando tutte le operazioni di preparazione ho proceduto a preparare il mio bel kayak, la Daytona 530 giallo cromo e mi sono sottoposto alla vestizione, alla metamorfosi. E così dopo alcuni minuti sono uscito dallo spogliatoio ormai pronto per andare.
Mi sono staccato dalla banchina in legno dopo avere regolato con la massima calma il paraspruzzi che dovrebbe evitare all'acqua di entrare nello scafo ma che potrebbe, seguendo l'immaginario della paura, impedirmi di uscire in caso di un possibile ribaltamento.
Basta, sono uscito con una pagaiata calma e con l'occhio al mare fuori dal porto.
Appena fuori entravano delle onde lunghe che riuscivo a superare senza difficoltà. Sono arrivato così dentro il vicino porto dell'Acquasanta, luogo sicuro dove mi sono rifugiato dopo una navigazione oceanica di alcune centinai di metri.
Ho preso l'abitudine di iniziare la pagaiata con una visitina preliminare all'Acquasanta. Mi concedo un giro dei vari bracci dopo avere superato l'ingresso in porto che quasi sempre presenta delle turbolenze che, alcuni giorni, mi creano anche delle difficoltà, soprattutto quando vi si unisce qualche raffica di vento.
Mi piace crogiolarmi al riparo del porto dell'Acquasanta, anche il nome è rassicurante, quando l'ingresso è stato difficoltoso e l'uscita potrebbe essere anche più impegnativa, soprattutto con il vento ed il mare che entrano di prua. Oggi non c'era troppo vento ma il mare era gonfio e più si provava ad uscire più si incontravano onde quali, nella mia ancora preliminare pratica del kayak, non avevo ancora incontrato.
Appena uscito vedo lontano, al largo e verso est la barca a vela dei corsisti.
Inizio a dirigermi verso di loro senza sapere cosa fare. Non ho deciso di andare ad incontrare la vela, mi sono trovato li senza deciderlo. Il mare era mosso e rotto. Raggiunta la meta rapidamente sono tornato nei miei bacini di sicurezza. Mi riferisco al triplice braccio dell'Arenella e sono anche tornato alla base, la sede della Lega Navale.
Dopo qualche minuto di stasi è scattata in me una molla.
Dovevo uscire di nuovo, questa volta verso il largo.
Erano già le cinque passate.
Uscito trepidante dal porticciolo e poi dal golfetto lo scenario era abbastanza preoccupante. Il mare era molto gonfio ed irregolare.
Sentivo una sensazione particolare, di paura calma. Ero consapevole che avrei potuto perdere il controllo del kayak e cercavo di pagaiare con calma ed attenzione. Al contempo non riuscivo a tirarmi fuori da quella dimensione di solitudine in un mare più grande di me. Per una decina di minuti sono uscito verso il largo pagaiando con calma e con maggiore forza sulle onde più impegnative (almeno per me).
Ho sentito una stupenda sensazione di solitudine, precarietà, paura e calma assolute. Ero ben consapevole che ogni onda poteva vincermi e cercavo di non sfidare l'onda con l'uso della forza ma anche di non rimanere passivo.
Ero giunto in un punto dove non mi avrebbe potuto pensare e cercare nessuno.
Era quello che volevo e che temevo.
Spinto non so da cosa ho cercato di individuare la vela dei corsisti guardando verso est (io ero uscito direttamente verso fuori) ma non riuscivo a scorgere nulla. Dopo avere virato, decuplicando la preoccupazione e l'attenzione per il rischio di perdere il controllo traversandomi alle onde, ho iniziato a dirigermi verso est con rotta a rientrare.
Mi ero imposto di non tornare indietro ma di andare verso questo incontro-traguardo.
Il mare era sempre più gonfio ed il mio respiro si stava facendo un poco teso ma ormai ero fuori, direi pure al largo. Anche tornare sarebbe stato impegnativo e certamente avrebbe richiesto del tempo. Ho pensato quindi che tra tornare ed allontanarmi ancora di più andando verso est alla ricerca della vela-ideale non ci sarebbe stata grande differenza.
Ormai ero solo, inesperto, in mezzo al mare gonfio (sottolineo “per me”).
Nella mia mente sentivo farsi il vuoto ed il gesto della pagaiata e la ricerca dell'equilibrio, messo in discussione ad ogni onda, diventava la mia unica dimensione.
Ho pensato cosa potesse avermi indotto a lanciarmi a capofitto (è proprio il caso di dirlo) in questa nuova condizione il cui scopo è viaggiare felice ed atterrito nel più temuto degli elementi, l'elemento primordiale , quello dal quale proveniamo e dal quale non sapremo mai se desideriamo distaccarci o farvi ritorno.
Oggi credo di avere percepito il “doppio” che il mare può rappresentare per noi.
Ecco il segreto, desiderarlo e fuggirlo allo stesso tempo.
Oggi ho vissuto il piacere di un equilibrio precario che è una sorpresa ed un dono e che ad ogni onda può essere messo in discussione o addirittura negato.
Bisogna accettare tutto quello che il mare e la vita vorrà.

Pagaiando alla ricerca del mio equilibrio ho intravisto lontana una macchia bianca che sarebbe potuta essere una vela. Ho iniziato a dirigermi verso quel punto bianco forse vela.
Era una vela ed era proprio la vela dei corsisti. L'ho raggiunta all'altezza dell'ingresso del Porto di Palermo. Le onde erano ancora più impegnativa a causa della risacca di ritorno dalla diga foranea ed ho avuto ancora paura.
Ho quindi iniziato la strada del ritorno.
All'ingresso del bacino della Lega Navale mi sentivo sereno. Di certo non euforico. Non ho parlato con nessuno di quanto avevo vissuto.
In fondo poteva anche essere un mare calmo e non inquietante per altri kayaker navigatori ed essere un mare mosso e solitario soltanto per me, neokayaker che cerca di rimanere a galla, a testa alta, cercando di mantenere il proprio precario equilibrio

09.06.2010

sabato 8 maggio 2010

Real casa dei water



La Real Casa dei Matti è il nome con cui era conosciuto l'Ospedale Psichiatrico di Palermo e per tanti anni è stato lo scenario in cui si è consumato il dramma della follia e della violenza dell'istituzione su quella che è stata considerata una inaccettabile e perturbante devianza.
Oggi la Real Casa dei Matti non esiste più come non esiste più l'Ospedale Psichiatrico.
Il luogo è stato ridefinito e privato della sua specificità al fine di evitare il perpetrarsi delle gravi lesioni alla dignità dei degenti, ovvero dei folli, dei matti, dei malati di mente che dir si voglia. Il luogo non è più il contenitore della follia che è stata quindi, quale entità che corre sulle gambe dei suoi interpreti, redistribuita all'intera società e ad altri perscorsi di integrazione (sperata) e di cura (tentata).
Si è ritenuto, certamente a ragione, che il luogo fosse esso stesso un elemento perturbante e capace di creare nuovi perturbatori.
Si è quindi deciso di allontanare il perturbante e forse, più nascostamente ed in maniera inespressa, di scotomizzare con la scomparsa del perturbante anche la presenza del perturbatore, del “folle riaggregatore di significati”
Ma, come spesso accade, quello che esce dalla porta rientra dalla finestra.
In questo caso si tratta della finestra del bagno.
Mi spiegherò meglio
Ci troviamo all'interno di quello che fu l'Ospedale Psichiatrico di Palermo, ora adibito ad uffici amministrativi ed in particolare nel bagno della direzione amministrativa e possiamo vedere un fenomeno singolare e suggestivo.
Si dice infatti che i luoghi conservino la memoria delle persone che vi hanno vissuto, delle loro storie e delle loro passioni, letteralmente impregnando di se i luoghi, le pareti, gli spazi.
Ecco quindi che “il perturbante”, la follia intesa come la capacità di creare nuovi significati, di accostare i vissuti in maniera difforme dal senso comune, di scomporre e di ricomporre il nostro spazio vitale secondo nuove sintesi, sembra proprio essere rimasta sospesa in questo ambiente “bonificato” soltanto in superficie, come se un nuovo intonaco ed una nuova ceramica fossero sufficienti a cancellare l'impregnazione umorale ed energetica di tanti anni di vita “follemente creativa”.
Ed ecco quindi che, in maniera assolutamente non prevista e non rispondente ad un percorso condiviso, la tavola del water va ad ornare il dispenser della carta igienica, assumendo un nuova ed imprevista identità e dando vita ad una nuova struttura composita che non è water e non è dispenser e che potremmo chiamare chessò, “waspenser oppure dispenter”.
Tutti noi che siamo fieri del nostro percorso ideale che ci ha appassionati nel farci sentire partecipi di una storia di libertà e di riaffermazione della dignità umana e che non vorrà più vedere il volto dell'istituzione che genera essa stessa follia ed esclusione non possiamo che cedere dinanzi al ripresentarsi di questo filo invisibile, mai soppresso, che non accenna ad arrendersi, che non rinuncia alla possibilità negata di ridare un nuovo nome alle cose, di ridisegnare il proprio mondo e che passa per questa bella toilette messa a nuovo.

07.05.2010
Vincenzo Cordovana

sabato 27 marzo 2010

L'assoluzione

Vieni qua caro fanciullo,
stai sereno, in ginocchioni,
dimmi un po’, ti sei toccato?
hai più avuto tentazioni?

Hai coscienza che il peccato
può dannarti per l’eterno?
Hai coscienza ed anche certezza
che il sol bene è la purezza?

*********
che bravo bambino,
che bel corpicino,
che bello ...il pancino,
dai … stammi vicino
********

Solo io posso salvarti
dall’inferno e dal dolore,
solo io posso insegnarti
il valore dell’amore

*********
che bravo bambino,
che bel corpicino,
che bello ...il pancino,
dai … stammi vicino
********
Che cos’è quel turbamento,
la purezza di due cuori
non può far certo del male.
Non parlarne ai genitori.

Solo io posso salvarti,
li non c’è più religione,
sol di me tu puoi fidarti
io ti do l’assoluzione

Vincenzo Cordovana

29.12.2006

lunedì 1 marzo 2010

Schizzo-frenica-mente

Ho conosciuto un tale che mi ha detto: “...Io sono schizzo-frenico. E meno male che oltre che schizzo sono pure frenico perchè questo vuole dire che mi freno. Quando schizzo mi viene di ammazzare mia madre però, siccome sono anche frenico, riesco a frenarmi...”
Vi immaginate che tragedia quando si incontra uno “schizzo” che non è anche “frenico”?
Stupendo, che ve ne pare?
Anch'io certe volte vorrei essere più “frenico” ma il più delle volte sono soltanto uno “schizzo”
Bisogna guardare gli altri e cercare di migliorarsi
Forse un giorno riuscirò a diventare “frenico” anch'io.

sabato 27 febbraio 2010

Minimamor (amore minimo)

Vorrei fare l'amore
ma non per ore ed ore,
soltanto quei minuti
che stimola l'ardore.

Vorrei fare l'amore
e non stare a sognare,
vorrei fare l'amore
e dopo andare al mare.

Vorrei fare l'amore
per minima ragione,
qual fosse un buon dolcetto,
un gelato, un cannellone.

Vorrei fare l'amore
così, marginalmente,
vorrei fare l'amore
che libera la mente.

Vorrei fare l'amore
che dura un sol momento
che non sia gara, lotta,
scontro, turbamento

Vorrei fare l'amore
che dir, naturalmente,
che nasca del calore
o dal cuore o dalla mente

Vorrei fare l'amore,
toccar la nostra essenza,
senz'altra spiegazione,
senz'altra appartenenza.

Vorrei l'amor che dà
la comu-nica-zione,
un soffio di un momento
un gesto, un'intuizione.

Vorrei l'amor che sia
libero e condiviso,
sia come una carezza,
un intimo sorriso

giovedì 11 febbraio 2010

Polvere

L'uomo di oggi, con far quasi normale,
sia esso artista, politico, prelato o manovale,
ritiene migliore la propria prestazione
se assume di polvere, a strisce, la razione.
Così lui suole porsi all'altra gente
adeguato, corretto, brillante e seducente,
positivo, ottimista, con faccia sorridente,
capace di mostrarsi televisivamente.

Supera in tal modo un'altra sua natura
che vive la stanchezza, il buio, la paura,
la voglia di fermarsi, di stare un pò a sognare
di dire: “...ho fatto tutto...”e stare ad aspettare,
di vivere supino il biblico anatema
che solo a nominarlo mi gela anche la schiena:
“...di polvere siam fatti e tali torneremo...”.

Vuol dir che all'occorrenza polvere assumeremo

23.02.2007

Vincenzo Cordovana

Distrazione plastica



Lo so, in amore basta una distrazione
e sforni figli così, a ripetizione
ed ecco che mi ritrovo, povera manichina,
per campar, con la prole, nuda nella vetrina.

Lo vidi un giorno plastico e benvestito
e in cuor desiderai quel pupazzo per marito.
La vita però si sa, cela delle illusioni
e noi, povere sciocche, crediam nelle passioni.

Fu così che nottetempo lasciai la mia boutique
per andare ad incontrare quel fantoccio molto shic.
La notte fu per noi lunga e fantastica,
vibravo nel sentir la pelle sua di plastica.

Gli dissi, dopo: "...caro, ci sposeremo un giorno..?"
Rispose: "...forse, non so, ma ora levati di torno..."
Tornai così, delusa, nella mia vetrina
ma dopo nove mesi, ricordo ancora, una mattina

vidi nel reparto fanciulli del grande magazzino,
figli miei, due pupazzi, una bimba ed un bambino.



Andai dal bellimbusto lo informai cortesemente,
mi rispose: "... di te, dei tuoi fanciulli non mi importa proprio niente..

Tornai così, con il cuore sconsolato
in vetrina, da sola, con il frutto del peccato.
Lei si chiamò Vinilia lui fu chiamato Tano,
diminutivo per fanciullo di Vinilpoliuretano.

Lo so che la ragione vorrebbe più accortezza
ma ancora una volta volli provar di lui l'ebbrezza
ed ecco che mi ritrovo con la panciona grossa e protesa
nel reparto fanciulli, mamme e dolce attesa.

Solo una cosa rimprovero a quel pupazzo plastico, ben vestito e molto attivo:
poteva almeno, lui plastico, anch'esso elastico, usare un bel preservativo

11.02.2010
Vincenzo Cordovana

giovedì 14 gennaio 2010

Alicudi



Mentre cammino per la strada in riva al mare
osservo all'orizzonte velato il monte di un'isola solare

L'alba ne illumina le coste e, in lontananza,
ne immagino il calore, il sapore, la fragranza.

Emersa dal mare, dal nulla, dagli abissi
sembra parlarmi, come se la sentissi.

Sogno un giorno di circumnavigare,
sospinto dal mio vento, quel frutto in mezzo al mare.

Sfiorar solo le coste, senza toccare niente,
sentir solo la voce che parla intimamente

Ecco, la terra laggiù, lontano ho scorto,
colto un segreto torno felice in porto

12.01.2010

Vincenzo Cordovana

lunedì 11 gennaio 2010

Disgelo (Biancaneve trova l'amore e lo perde subito dopo)

Baciata dal Principe con il calore della passione Biancaneve si sciolse quale neve al sole finchè, a causa della troppa passione e del troppo calore, evaporò.
Nel vederla liquefarsi e poi svanire il Principe ci rimase molto male (possiamo di certo ironizzare e dire che Biancaneve fece andare in bianco il Principe Azzurro) e non gli restò di meglio da fare che aspettare che piovesse ma Biancaneve, ormai diventata nuvola, sospinta dal vento si allontanò moltissimo sino a trasformarsi in una nevicata caduta soffice su un ghiacciaio.
Li, ricompattatasi, conobbe un uomo gigantesco (lei che sino ad allora aveva conosciuto soltanto nani ne rimase favorevolmente impressionata), molto peloso e poco sofisticato, sicuramente meno del principe, con il quale ebbe una relazione entusiasmante e priva di parole
Del Principe si favoleggia che per cercarla, disperato, sia diventato un grande alpinista e che abbia anche iniziato a parlare un italiano ridicolo

MORALE: Principi latini e calienti, non baciate mai donne gelide e di ghiaccio, di loro vi potrebbe rimanere soltanto il vapore acqueo.
Biancanevi, fatevi baciare soltanto da pupazzi di neve e, comunque sia, da esseri umani e non che abbiano la vostra stessa temperatura

11.01.2010

Vincenzo Cordovana

martedì 5 gennaio 2010

Buoncostume

"Bella prostituta arrestata per adescamento. Il Giudice acquisisce il corpo del reato"

Il Giudice ha solo voglia di Giustizia.
E' appagato quando ha incontrato la Giustizia.
La parola Giudice è maschile
La parola Giustizia è femminile
Non ci trovo niente di strano che tra loro scatti l'istinto
Un vero Giudice cerca sempre la Giustizia e la chiama il suo punto G
Anche in una bella prostituta arrestata per adescamento il Giudice ricerca la Giustizia, quella vera, con la G maiuscola

05.01.2010
Vincenzo Cordovana
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Varietà by Vincenzo Cordovana is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.