sabato 8 maggio 2010

Real casa dei water



La Real Casa dei Matti è il nome con cui era conosciuto l'Ospedale Psichiatrico di Palermo e per tanti anni è stato lo scenario in cui si è consumato il dramma della follia e della violenza dell'istituzione su quella che è stata considerata una inaccettabile e perturbante devianza.
Oggi la Real Casa dei Matti non esiste più come non esiste più l'Ospedale Psichiatrico.
Il luogo è stato ridefinito e privato della sua specificità al fine di evitare il perpetrarsi delle gravi lesioni alla dignità dei degenti, ovvero dei folli, dei matti, dei malati di mente che dir si voglia. Il luogo non è più il contenitore della follia che è stata quindi, quale entità che corre sulle gambe dei suoi interpreti, redistribuita all'intera società e ad altri perscorsi di integrazione (sperata) e di cura (tentata).
Si è ritenuto, certamente a ragione, che il luogo fosse esso stesso un elemento perturbante e capace di creare nuovi perturbatori.
Si è quindi deciso di allontanare il perturbante e forse, più nascostamente ed in maniera inespressa, di scotomizzare con la scomparsa del perturbante anche la presenza del perturbatore, del “folle riaggregatore di significati”
Ma, come spesso accade, quello che esce dalla porta rientra dalla finestra.
In questo caso si tratta della finestra del bagno.
Mi spiegherò meglio
Ci troviamo all'interno di quello che fu l'Ospedale Psichiatrico di Palermo, ora adibito ad uffici amministrativi ed in particolare nel bagno della direzione amministrativa e possiamo vedere un fenomeno singolare e suggestivo.
Si dice infatti che i luoghi conservino la memoria delle persone che vi hanno vissuto, delle loro storie e delle loro passioni, letteralmente impregnando di se i luoghi, le pareti, gli spazi.
Ecco quindi che “il perturbante”, la follia intesa come la capacità di creare nuovi significati, di accostare i vissuti in maniera difforme dal senso comune, di scomporre e di ricomporre il nostro spazio vitale secondo nuove sintesi, sembra proprio essere rimasta sospesa in questo ambiente “bonificato” soltanto in superficie, come se un nuovo intonaco ed una nuova ceramica fossero sufficienti a cancellare l'impregnazione umorale ed energetica di tanti anni di vita “follemente creativa”.
Ed ecco quindi che, in maniera assolutamente non prevista e non rispondente ad un percorso condiviso, la tavola del water va ad ornare il dispenser della carta igienica, assumendo un nuova ed imprevista identità e dando vita ad una nuova struttura composita che non è water e non è dispenser e che potremmo chiamare chessò, “waspenser oppure dispenter”.
Tutti noi che siamo fieri del nostro percorso ideale che ci ha appassionati nel farci sentire partecipi di una storia di libertà e di riaffermazione della dignità umana e che non vorrà più vedere il volto dell'istituzione che genera essa stessa follia ed esclusione non possiamo che cedere dinanzi al ripresentarsi di questo filo invisibile, mai soppresso, che non accenna ad arrendersi, che non rinuncia alla possibilità negata di ridare un nuovo nome alle cose, di ridisegnare il proprio mondo e che passa per questa bella toilette messa a nuovo.

07.05.2010
Vincenzo Cordovana
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